Due chiacchiere con Lorenzo Guerzoni
Per Lorenzo, la scelta di lavorare nell’azienda di famiglia non era in discussione. Nato nel 1978 a Mirandola, a pochi km da Concordia dove si trova l’Acetaia Guerzoni, Lorenzo Guerzoni, uno dei titolari dell’Acetaia, è cresciuto in provincia per poi frequentare l’Università a Modena, dove si è laureato in chimica con una tesi sulla cottura del mosto cotto eseguita con metodo tradizionale a fuoco diretto e cielo aperto.
Oggi gestisce l’azienda con l’aiuto della moglie Federica, da pochi giorni socia dell’Acetaia Guerzoni, che lo segue in tutte le scelte e lo accompagna nei viaggi.
Quando hai capito che l’azienda sarebbe diventata non solo una famiglia ma anche il tuo lavoro?
Sono nato e cresciuto nell’azienda, quindi non ho mai pensato a un lavoro diverso da questo. Fin dalla scelta della scuola, ho sempre pensato a cosa poteva essere più utile per fare meglio il mio futuro lavoro. Quando ho scelto l’università, ho cercato di rimanere vicino anche se la facoltà non era proprio la più adatta, per continuare ad aiutare i miei genitori. Direi che sono parte integrante dell’azienda, quasi come se l’azienda avesse scelto me. Il matrimonio con mia moglie Federica ha confermato la tradizione di un’azienda familiare dove lavoro e famiglia sono la stessa cosa.
Come descriveresti il tuo lavoro? Cosa ti entusiasma di più?
È appassionante seguire tutti gli aspetti di un’azienda che, secondo la logica più tradizionale dell’azienda agricola, o secondo il concetto di azienda chiusa di Rudolf Steiner, fa tutto. Ovvero, noi stiamo provando a essere il più possibile autonomi nel produrre o fare quello che ci serve per il funzionamento dell’azienda. Quindi, a partire dall’uva, pensiamo a tutto fino al contatto con il cliente finale. Mi trovo a fare i lavori più disparati: dalla lavorazione nei vigneti ai viaggi nei posti più remoti per raccontare il mio prodotto. Anche se ho persone appassionate al lavoro con le quali condividiamo questo progetto, mi trovo a non aver mai finito la giornata. Cerco di metterci passione in tutto quello che faccio, ma ci sono cose che faccio più volentieri, come il lavoro nei campi o la sperimentazione di nuove soluzioni tecniche o di prodotto. Nonostante l’azienda abbia un’impronta molto tradizionale, vedo sempre molti aspetti da migliorare e ritengo che la strada sia ancora lunga. Un’altra cosa che mi appassiona è l’aceto balsamico. Per me è come una droga, non posso farne a meno. Lo userei ovunque e almeno una volta al giorno devo mangiare qualcosa fatto con l’aceto balsamico. È il centro della mia cucina.
Il successo della vostra realtà a cosa è principalmente dovuto?
Sicuramente i fattori sono tanti. Il primo è certamente che siamo stati i primi e siamo tuttora gli unici a produrre aceto balsamico di Modena IGP e aceto balsamico tradizionale di Modena DOP certificato biologico e biodinamico. Siamo anche tra le poche acetaie che usano le proprie uve e sono in grado di fare tutte le fasi della produzione. Non da ultimo, i nostri prodotti piacciono molto ai nostri clienti, sia dal punto di vista della qualità che del design.
Non manca neanche la caratteristica tipica di un’azienda familiare che caratterizza le aziende italiane. Io con mia moglie Federica stiamo portando avanti un lavoro iniziato dai miei genitori.
Per queste ragioni siamo una delle acetaie più fortemente caratterizzate e chi cerca un prodotto tradizionale, salutare e vitale deve passare da noi.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
I progetti sono parecchi. Uno dei miei sogni è di arrivare più vicino al modello di azienda chiusa di Rudolf Steiner. Non avendo la possibilità di avere una stalla, stiamo cercando un accordo con un’altra azienda in modo che i loro animali mangino erba coltivata in modo biodinamico nella nostra azienda. Useremo il loro letame per la coltivazione dei nostri vigneti. Sempre secondo questo progetto, stiamo realizzando nuovi vigneti e presto un lago per la raccolta delle acque che, una volta recuperate, rivitalizzeremo con la dinamizzazione per l’irrigazione e per i trattamenti biodinamici.
Spero nel 2016 finalmente di ricostruire gli immobili crollati dal terremoto del 2012 e quindi di ristrutturare l’azienda.
Dal punto di vista commerciale, vorrei ricominciare a vendere negli Stati Uniti dopo alcuni anni di assenza, ma anche fare nuovi prodotti con partner prestigiosi, possibilmente con un valore sociale. Come è successo a Natale, quando abbiamo prodotto in via sperimentale il panettone con l’aceto balsamico in collaborazione con la cooperativa Giotto. Come vedete, i progetti sono tanti e se la natura ci assiste li realizzeremo tutti in questo anno.
Oggi gestisce l’azienda con l’aiuto della moglie Federica, da pochi giorni socia dell’Acetaia Guerzoni, che lo segue in tutte le scelte e lo accompagna nei viaggi.
Quando hai capito che l’azienda sarebbe diventata non solo una famiglia ma anche il tuo lavoro?
Sono nato e cresciuto nell’azienda, quindi non ho mai pensato a un lavoro diverso da questo. Fin dalla scelta della scuola, ho sempre pensato a cosa poteva essere più utile per fare meglio il mio futuro lavoro. Quando ho scelto l’università, ho cercato di rimanere vicino anche se la facoltà non era proprio la più adatta, per continuare ad aiutare i miei genitori. Direi che sono parte integrante dell’azienda, quasi come se l’azienda avesse scelto me. Il matrimonio con mia moglie Federica ha confermato la tradizione di un’azienda familiare dove lavoro e famiglia sono la stessa cosa.
Come descriveresti il tuo lavoro? Cosa ti entusiasma di più?
È appassionante seguire tutti gli aspetti di un’azienda che, secondo la logica più tradizionale dell’azienda agricola, o secondo il concetto di azienda chiusa di Rudolf Steiner, fa tutto. Ovvero, noi stiamo provando a essere il più possibile autonomi nel produrre o fare quello che ci serve per il funzionamento dell’azienda. Quindi, a partire dall’uva, pensiamo a tutto fino al contatto con il cliente finale. Mi trovo a fare i lavori più disparati: dalla lavorazione nei vigneti ai viaggi nei posti più remoti per raccontare il mio prodotto. Anche se ho persone appassionate al lavoro con le quali condividiamo questo progetto, mi trovo a non aver mai finito la giornata. Cerco di metterci passione in tutto quello che faccio, ma ci sono cose che faccio più volentieri, come il lavoro nei campi o la sperimentazione di nuove soluzioni tecniche o di prodotto. Nonostante l’azienda abbia un’impronta molto tradizionale, vedo sempre molti aspetti da migliorare e ritengo che la strada sia ancora lunga. Un’altra cosa che mi appassiona è l’aceto balsamico. Per me è come una droga, non posso farne a meno. Lo userei ovunque e almeno una volta al giorno devo mangiare qualcosa fatto con l’aceto balsamico. È il centro della mia cucina.
Il successo della vostra realtà a cosa è principalmente dovuto?
Sicuramente i fattori sono tanti. Il primo è certamente che siamo stati i primi e siamo tuttora gli unici a produrre aceto balsamico di Modena IGP e aceto balsamico tradizionale di Modena DOP certificato biologico e biodinamico. Siamo anche tra le poche acetaie che usano le proprie uve e sono in grado di fare tutte le fasi della produzione. Non da ultimo, i nostri prodotti piacciono molto ai nostri clienti, sia dal punto di vista della qualità che del design.
Non manca neanche la caratteristica tipica di un’azienda familiare che caratterizza le aziende italiane. Io con mia moglie Federica stiamo portando avanti un lavoro iniziato dai miei genitori.
Per queste ragioni siamo una delle acetaie più fortemente caratterizzate e chi cerca un prodotto tradizionale, salutare e vitale deve passare da noi.
Quali sono i vostri obiettivi futuri?
I progetti sono parecchi. Uno dei miei sogni è di arrivare più vicino al modello di azienda chiusa di Rudolf Steiner. Non avendo la possibilità di avere una stalla, stiamo cercando un accordo con un’altra azienda in modo che i loro animali mangino erba coltivata in modo biodinamico nella nostra azienda. Useremo il loro letame per la coltivazione dei nostri vigneti. Sempre secondo questo progetto, stiamo realizzando nuovi vigneti e presto un lago per la raccolta delle acque che, una volta recuperate, rivitalizzeremo con la dinamizzazione per l’irrigazione e per i trattamenti biodinamici.
Spero nel 2016 finalmente di ricostruire gli immobili crollati dal terremoto del 2012 e quindi di ristrutturare l’azienda.
Dal punto di vista commerciale, vorrei ricominciare a vendere negli Stati Uniti dopo alcuni anni di assenza, ma anche fare nuovi prodotti con partner prestigiosi, possibilmente con un valore sociale. Come è successo a Natale, quando abbiamo prodotto in via sperimentale il panettone con l’aceto balsamico in collaborazione con la cooperativa Giotto. Come vedete, i progetti sono tanti e se la natura ci assiste li realizzeremo tutti in questo anno.